La concorrenza nel settore delle ricerche online è un tema molto delicato, soprattutto quando si parla di colossi come Google e Microsoft. Se fino ad oggi si credeva che fosse Google ad avere il monopolio del mercato, recentemente Microsoft con il suo motore di ricerca Bing ha messo in allarme le startup che stanno cercando di sviluppare alternative (articolo Wired “Bing minaccia il futuro delle ricerche online“)
Infatti, molte startup nel settore si affidano alle licenze che consentono di usare i risultati di ricerca di Bing per poi aggiungere le proprie funzionalità e i propri metodi per analizzare le query. Tuttavia, il lancio del chatbot per Bing basato sulla tecnologia alla base di ChatGpt ha sollevato il timore che Microsoft stia penalizzando le aziende che si appoggiano ai suoi dati di ricerca nel tentativo di sottrarre a Google ulteriori quote di mercato.
A questa minaccia si aggiungono anche le nuove politiche di Microsoft. Infatti, a partire da maggio le tariffe standard per i suoi dati di ricerca aumenteranno fino a dieci volte. L’azienda ha anche aggiunto una nuova norma che impedisce alle aziende più piccole di competere con il chatbot di Bing o con Bard, la versione rivale sviluppata da Google.
Questa regola impone prezzi molto più alti a qualsiasi azienda cliente di Microsoft che offre agli utenti i risultati di Bing su una pagina in cui sono mostrati anche contenuti provenienti da modelli linguistici di grandi dimensioni (Llm), la tecnologia alla base di ChatGpt e del nuovo Bing. Per lanciare un chatbot di ricerca alimentato da un Llm, una startup si troverebbe a pagare fino a 200 dollari per mille query di Bing, rispetto ai 7 dollari precedenti.
Nonostante l’aumento dei prezzi rifletta i crescenti investimenti della società per migliorare Bing, molte startup si trovano in difficoltà e affermano che le nuove tariffe sono insostenibili. Alcuni veterani del settore affermano che Bing non ha colto l’opportunità di creare un grande ecosistema di servizi di ricerca che avrebbe avvantaggiato in molti modi l’azienda.
In questo modo, si rischia di penalizzare la crescita delle startup che stanno cercando di sviluppare alternative ai colossi del settore. Un tema molto delicato che richiede l’attenzione delle autorità preposte alla tutela della concorrenza.