L’uso militare dell’IA promette efficienza operativa, ma solleva timori etici, rischi informativi e sfide geopolitiche.
L’intelligenza artificiale è considerata la terza rivoluzione nel modo di fare la guerra. A evidenziarlo è un’analisi del tenente generale in pensione Jun Nagashima, che delinea il crescente ruolo dell’IA nei conflitti contemporanei, tra aspettative strategiche e preoccupazioni globali.
Negli Stati Uniti, in Cina e all’interno della NATO, l’adozione delle tecnologie emergenti — come droni autonomi, riconoscimento visivo e big data — accelera la trasformazione dei sistemi d’arma. Tali sviluppi promettono un vantaggio decisivo sul campo, con decisioni rapide e operazioni più sicure. Ma l’uso dell’IA militare non è esente da problemi: opacità algoritmica, escalation accidentali, manipolazione informativa e armi letali autonome pongono rischi reali.
Cresce inoltre l’uso dell’IA generativa — multimodale e integrata con edge computing — nei teatri di guerra, ma anche nella propaganda e nella disinformazione. Per affrontare tali minacce, si moltiplicano le iniziative di governance, come il vertice REAIM 2023, volto a promuovere un impiego responsabile dell’IA militare.
Il Giappone, forte della sua alleanza con gli Stati Uniti, punta sull’interoperabilità delle tecnologie tra democrazie affini. Tuttavia, la mancanza di standard comuni rischia di dividere anche i partner più stretti. È dunque essenziale costruire un quadro condiviso per l’uso congiunto dell’IA in ambito militare e sostenere la definizione di regole globali, anche in sede ONU.
Pro: efficienza, protezione dei soldati, superiorità strategica
Contro: opacità, escalation, rischi etici e disinformazione
Fonti
- Spf
- Nakasone Peace Institute
- NSCAI Report
- Vertice REAIM 2023
- United Nations CCW
Approfondimenti
- Artificial Intelligence and National Security – CRS Report
- AI and the Future of Warfare – NATO Review
